The glass castle by Jeannette Walls

The glass castle by Jeannette Walls

autore:Jeannette Walls [Walls, Jeannette]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858518274
editore: Piemme


Dopo la partenza di Mamma e Papà, Erma divenne ancora più irascibile. Se non le piaceva l’espressione della nostra faccia, ci colpiva in testa con un mestolo. Una volta tirò fuori una fotografia incorniciata di suo padre, l’unica persona, ammise, che l’aveva mai amata. Continuò a parlare all’infinito di quanto avesse sofferto da orfana, in mano a zii e zie che non l’avevano trattata gentilmente come lei trattava noi.

Circa una settimana dopo che Mamma e Papà erano partiti, sedevamo tutti insieme nel soggiorno a guardare la televisione. Stanley dormiva nell’atrio. Erma, che non aveva smesso di bere da prima di colazione, disse a Brian che gli doveva rammendare i calzoni. Lui fece per toglierseli, ma Erma disse che non voleva vederlo correre per casa in maglietta e mutande o con un asciugamano in vita come se portasse una dannatissima gonnella. Avrebbe fatto meno fatica a ricucirgli i pantaloni mentre li aveva addosso. Gli ordinò di seguirla in camera di Nonno, dove teneva il cesto del cucito.

Erano via da un minuto o due, quando sentii Brian protestare debolmente. Andai in camera di Nonno e vidi Erma inginocchiata sul pavimento di fronte a lui, che gli afferrava il cavallo dei pantaloni, strizzando e palpeggiando mentre borbottava tra sé e gli diceva di star fermo, maledizione. Brian, con le guance rigate di lacrime, si teneva le mani tra le gambe in un gesto protettivo.

«Erma, lascialo stare!» urlai.

Erma, ancora in ginocchio, si voltò a guardarmi. «Cosa? Tu, puttanella!» gridò.

Lori sentì il trambusto e arrivò di corsa. Le dissi che Erma stava toccando Brian come non avrebbe dovuto. Erma disse che stava soltanto rammendando la cucitura interna dei pantaloni di Brian e che non doveva difendersi dalle accuse di una troietta bugiarda.

«So che cosa ho visto» replicai io. «È una pervertita!»

Erma allungò la mano per darmi uno schiaffo, ma Lori le afferrò il braccio. «Calmiamoci tutti» disse, con la stessa voce che usava quando Mamma e Papà si lasciavano andare a litigi furibondi. «Tutti quanti. Calma!»

Con uno strattone, Erma liberò il braccio dalla presa di Lori e la colpì così forte che i suoi occhiali volarono dall’altra parte della stanza. Lori, che aveva compiuto tredici anni, restituì lo schiaffo. Erma picchiò di nuovo Lori e, questa volta, Lori le assestò un colpo alla mascella. Poi si scagliarono l’una contro l’altra, azzuffandosi, dibattendosi e tirandosi i capelli, avvinghiate insieme, con Brian e me che incitavamo Lori, finché svegliammo Zio Stanley, che arrivò barcollando nella stanza e le divise con la forza.

Dopo quell’episodio, Erma ci relegò nel seminterrato. C’era una porta che conduceva direttamente fuori, per cui, di sopra, non andavamo proprio più. Non avevamo nemmeno il permesso di usare il bagno, e ciò significava che dovevamo aspettare di essere a scuola o andare fuori dopo il tramonto. Zio Stanley, a volte, ci portava giù un po’ di fagioli che aveva fatto cuocere per noi, ma aveva paura che, se fosse rimasto a parlare, Erma avrebbe pensato che stava dalla nostra parte e si sarebbe arrabbiata anche con lui.



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